La gestione di una Riserva Naturale litoranea “fuori dal comune”: l’esempio di Bosco Nordio, laboratorio didattico e scrigno di biodiversità

L’ambiente apparentemente arido e selezionatore delle dune costiere si presenta in realtà ricco di specie vegetali ed animali. Se questo è dovuto, lungo i litorali, alle rapide dinamiche evolutive degli habitat dalla battigia fino agli habitat retrodunali, nella Riserva Naturale di Bosco Nordio i maggiori fattori che entrano in gioco sono l’orografia del terreno e la falda freatica di acqua dolce.

Gli habitat dunali di Bosco Nordio infatti sono collocati su un’antica linea di costa di almeno un migliaio di anni di età, ormai localizzata a circa tre chilometri dal mare. Per questo motivo le dune e la loro vegetazione si sono praticamente “fossilizzati”: le dinamiche presenti sui litorali, principalmente influenzate dai venti e dal gradiente di salinità, sono assenti nel contesto territoriale che circonda Bosco Nordio, caratterizzato da molti secoli da vaste estensioni di aree planiziali coltivate.

Da un punto di vista della vegetazione, il bosco di Leccio sarebbe l’ultima tappa delle successioni evolutive naturali di questi antichi ambienti costieri. Ma negli anni a Bosco Nordio l’uomo ha influenzato queste dinamiche, ritardandole con periodici tagli del bosco e impianti di Pino domestico, finalizzati alla loro “coltivazione” per la produzione dei pinoli. Queste pratiche, bloccando l’espansione del bosco nelle radure, hanno consentito la sopravvivenza di lembi relitti degli habitat prativi dunali tra cui le dune grigie (2130*) e le praterie umide mediterranee (6420*).

Inoltre, la grande biodiversità della Riserva viene determinata dal livello della falda freatica particolarmente elevato, che la porta ad emergere, durante i periodi particolarmente piovosi, in alcune delle bassure. Così, dai settori interdunali più depressi, alla sommità delle dune fossili, in un dislivello di pochi metri, è presente un gradiente di umidità molto elevato.

Questo si evidenzia già nella composizione del bosco che, nelle aree più depresse, si differenzia in un querceto a farnia (Quercus robur) mentre, per quanto riguarda la fauna, una presenza sintomatica è quella della Rana di Lataste (Rana latastei), considerata tipica di formazioni boschive tendenzialmente più umide come i querco-carpineti.

Se la precedente gestione del bosco a fini produttivi ha paradossalmente consentito, come detto, di conservare un discreto livello di biodiversità, l’entrata in vigore delle direttive comunitarie nel campo naturalistico (in primis della Direttiva 92/43 “Habitat”) ha modificato le finalità gestionali condotte da Veneto Agricoltura, comprendendo così azioni direttamente finalizzate alla conservazione della biodiversità.

Così, oltre ad azioni destinate alla differenzazione della struttura del bosco, vengono attuate azioni di contenimento dell’espansione nelle radure del bosco stesso, e vengono favoriti habitat caratterizzati dalla vegetazione arbustiva a ginepri. Nelle aree della Riserva utilizzate in passato per pratiche agricole, sono stati ricreati alcuni stagni ed altre aree umide, talvolta inondate solo temporaneamente. Questi ambienti hanno subito una ricolonizzazione spontanea da parte di molte specie legate all’acqua, tra le quali si ricordano giunchi (Juncus effusus), alghe del genere Chara e alcune idrofite, quali Utricularia australis. In considerazione della vocazione didattica ed educativa della riserva, ma anche dell’opportunità offerta da questi spazi per la conservazione della flora, in prossimità delle bassure umide realizzate artificialmente sono state poste a dimora piantine, prodotte e fornite dal Centro Biodiversità Vegetale di Montecchio Precalcino, destinate ad innescare processi di insediamento di habitat igrofili. Si ricordano in particolare Cladium mariscus (specie strutturale dell’habitat 7210*), ma anche specie piuttosto rare, come ad esempio Plantago altissima Hibiscus pentacarpos. Non tutte le superfici disponibili sono state tuttavia “riempite” di piante: la conservazione di microspazi spogli consente infatti l’insediamento spontaneo di specie annuali tipiche delle superfici umide temporaneamente emerse, come ad esempio la primulacea Samolus valerandi. In effetti, la vocazione della riserva non è solamente didattica, ma anche più ampiamente “dimostrativa”: oltre ad offrire interessanti campi di ricerca per studenti e tirocinanti, si possono testare e verificare qui gli esiti della gestione attiva della vegetazione, volta a mantenere, mediante un equilibrato insieme di azioni svolte dagli operatori della Riserva, tra cui tagli di piante, limitate asportazioni di biomassa vegetale, modesti movimenti terra ed impianto di specie di interesse, una elevata eterogeneità ambientale, presupposto di maggiore biodiversità. Tenuto conto che la gestione attiva dovrebbe essere il principio guida con il quale mantenere e incrementare lo stato di conservazione di specie ed habitat negli hotspot di biodiversità del nostro territorio, la riserva può perciò svolgere un importante ruolo di “laboratorio” a cielo aperto.

Un aspetto interessante nella conservazione e ricreazione di questa variabilità di habitat è il conseguente arricchimento della Riserva dal punto di vista paesaggistico. Rispetto all’aspetto uniforme di un’unica estensione boschiva, la presenza di aperture e di paesaggi vegetali differenti permette di offrire molteplici punti di interesse ai visitatori di Bosco Nordio, integrate da osservatori faunistici e punti panoramici consente un’esperienza di visita particolarmente apprezzata.