(Cattive) abitudini e turismo sostenibile

Prima della pandemia di COVID, In Europa l’industria del turismo produceva quasi il 3,7% del PIL dell’UE, con 1,8 milioni di imprese e oltre 11,3 milioni di posti di lavoro. Se si considera anche l’indotto, i settori collegati al turismo generavano circa il 10% del PIL dell’UE e l’11% della forza lavoro (Eurostat 2018).

Viene spontaneo chiedersi se sia possibile generare questi introiti senza, pertanto, creare un forte impatto sull’ambiente.

 

La sostenibilità nel settore turistico è talmente importante che l’ONU ha dichiarato il 2017 “Anno Internazionale del Turismo Sostenibile” e ha inserito il tema tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

 

Certo, si può preservare l’ambiente durante le vacanze in molti modi e tanti sono conosciuti e praticati da moltissimi turisti, per esempio risparmiando risorse idriche ed energetiche, non inquinando, non invadendo le aree protette, rispettando i divieti, preferendo i prodotti locali ecc ecc.

Ma tra le tante piccole abitudini, a cui non facciamo più caso, con quali possiamo arrecare danno, all’ambiente, anche inconsapevolmente? 

 

Pensando alla spiaggia, l’interfaccia tra acqua e terra, quanti di noi si comportano in maniera sostenibile? E chi è a conoscenza di leggi e regolamenti che potrebbe infrangere senza averci mai pensato prima?

Chi non ama raccogliere conchiglie passeggiando e tenerle per ricordo? Eppure, le conchiglie sono costituite in massima parte da carbonato di calcio, un nutriente prezioso per l’ecosistema perché promuovere la stabilità dell’ambiente marino: è substrato per le piante marine, funge da protezione delle alghe e dei granchi ed è un materiale per la costruzione di nidi di uccelli.

Chi non passerebbe ore a guardare il proprio cane scorrazzare, sulla spiaggia libera, magari al tramonto? Purtroppo, i cani sono tra le cause principali della distruzione dei nidi e della predazione dei pulcini degli uccelli marini che nidificano sulla sabbia, incluso il Fratino, una specie invia di estinzione e protetta, sia dalla normativa nazionale in materia venatoria, che da quella europea in materia di conservazione della biodiversità.

 

Chi da bambino non ha catturato un granchio, un mollusco o un pesce con la retina per poi tenerlo in un secchiello pieno d’acqua e liberarlo la sera? Purtroppo, questi animaletti andranno incontro a morte certa poiché la temperatura raggiunta dall’acqua nel secchiello porta a danni irreversibili. L’articolo 544 del codice penale dice che: “Chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni”.

 

Chi non preferisce stendersi al sole tra le dune, lontano dalla folla e magari andare ad esplorare fin oltre, in pineta, anche solo per un po’ di refrigerio? Chi ha mai pensato che così facendo potrebbe distruggere specie vegetali rare e habitat preziosi? Infatti, gli ambienti dunali e retrodunali fanno parte delle aree protette della rete Natura 2000, una rete ecologica per la preservazione della biodiversità. Il codice penale Art. 733-bis “Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto” sancisce che “Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3.000 euro”.

 

Allora, riflettendo sulle nostre (cattive) abitudini, siamo sicuri che il turismo sostenibile non sia più facile da realizzare di ciò che si potrebbe pensare?


La duna dimenticata

C’era una volta una duna dimenticata…

Era una vecchia duna. Le mappe antiche mostravano che c’erano i “monti di sabbia” tra Chioggia e Brondolo alla fine del 700 e fino agli anni ‘60 del secolo scorso le dune erano ancora ben presenti nell’area costiera dell’attuale Sottomarina di Chioggia (VE).

La nostra duna aveva resistito a lungo all’urbanizzazione, al turismo di massa, ai campi coltivati e poi lasciati incolti…e caso vuole, era finita nel giardino di pertinenza dell’Istituto Comprensivo Chioggia 5. Altri dossi di terreno attribuiti a residui dei rilievi delle dune storiche, meno fortunati, erano invece finiti nelle aree verdi di pertinenza di diverse realtà locali: la sede della protezione civile, una residenza per anziani, un centro teatrale.

Un bel giorno, dopo tanto tempo in cui i bambini non andavano più a scuola a causa di una terribile pandemia e quando finalmente poterono tornarci dovettero stare il più possibile all’aperto, la Dirigente scolastica si ricordò della vecchia duna. La scuola aveva già un orto botanico e tutti avevano visto quanto piacesse ai bambini “fare per imparare” e quanto imparassero facendo. Così nacque l’idea di salvare la vecchia di duna dal degrado per creare un bel giardino botanico come supporto ad attività didattiche rivolte agli studenti!

La buona Dirigente chiamò a raccolta maestre, professoresse e professori e insieme misero a punto un progetto multidisciplinare grandioso che includeva la geografia con lo studio del clima e del territorio, la storia con la raccolta di documenti antichi e le testimonianze dei vecchi saggi del paese, l’arte coi bei disegni di piante e fiori, e le scienze con la botanica e l’ambiente.

Ma tutto questo non bastava per riportare la vecchia duna al suo antico splendore.

 

Allora furono chiamato gli esperti di Life Redune, un progetto finanziato dalla Comunità Europea proprio per riqualificare gli habitat delle dune costiere. Intervenne Veneto Agricoltura che analizzò la vecchia duna, il suo contesto ambientale, l’esposizione al vento e al sale e progettò gli interventi necessari.

Innanzitutto, alla duna fu data una bella ripulita dalle erbacee e dagli arbusti, grazie anche ai genitori e volontari di “Amico Giardino”, poi fu rastrellata e curata finché non arrivarono le 30 piantine psammofite, cioè amanti della sabbia, nate e cresciute al Centro Biodiversità Vegetale e Fuori Foresta di Veneto Agricoltura. Con amore e pazienza una ad una le piantine furono tolte dai vasetti e piantate nella sabbia, secondo la mappa pre-stabilita per ricreare l’habitat 2110-2120 delle dune grigie.  Ad ogni piantina il suo posto! I cespugli qui al sole, le erbacee lì, dove c’è un po’ d’ombra. L’Ammophila arenaria alla sommità perché è l’”ingegnere delle dune” che con i suoi lunghi rizomi trattiene la sabbia mentre con i folti cespi ne cattura i granelli trasportati dal vento che, cadendo sulla duna, la fa innalzare. Più la sabbia si accumula, più Ammofila diventa grande. Chissà che bei ciuffi sfoggerà la prossima estate!

 

Ma poi chi poteva spiegare tutto questo ai genitori? E chi dare “le dritte” agli insegnanti? E chi rispondere alle curiosità dei bambini? Intervenne l’Università Cà Foscari di Venezia che tenne un incontro di educazione ambientale per gli adulti e quattro incontri per scolari e alunni, divisi per fasce di età. Furono presentate le dune, le tante cause di minaccia ai loro habitat, l’importanza degli ecosistemi delle dune non solo per la biodiversità e l’ambiente ma anche per la protezione delle coste dall’erosione e dagli allagamenti.

 

L’Istituto comprensivo poi, per proteggere la vecchia duna, creò un cammino delimitato affinché tutti, grandi e piccini, potessero guardare la duna, la sua flora, i piccoli rettili che vi si nascondevano e gli insetti impollinatori che l’andavano a visitare, senza però più calpestarla. E per completare l’opera tre bei pannelli informativi grandi grandi furono apposti per spiegare cosa sono le dune costiere dell’alto Adriatico, come si formano, quali sono i loro gli habitat e la flora e soprattutto, come comportarsi quando si fa in spiaggia per preservare gli ambienti dunali.

E come in ogni bella favola a lieto fine, per celebrare l’amicizia tra la vecchia duna e gli adulti di domani si celebrò una bellissima festa dove furono invitati tutti, ma proprio tutti, perché la duna dell’Istituto Comprensivo Chioggia 5 non è più solo parte della storia del territorio di Sottomarina ma è diventata un elemento del presente per la cittadinanza attuale e dei bambini a venire.

Buona nuova vita cara vecchia duna!


E il Sole splendeva

Il 22 Aprile 2021 si sono tenute in tutto il mondo le Celebrazioni della Giornata Mondiale della Terra, il più grande evento di sensibilizzazione alla tutela del Pianeta, giunto alla 51esima edizione.

L’ideatore dell’Earth Day fu l’attivista americano John McConnell che propose nel 1969, durante la Conferenza di San Francisco dell’UNESCO, una giornata da dedicare alla Terra per sensibilizzare le persone sulla necessità di preservare gli ecosistemi e quindi tutte le forme di vita del nostro pianeta.

 

Quest'anno il tema della Giornata Mondiale della Terra era “ripristina la tua Terra” e chi, meglio di Life Redune, poteva cogliere l’occasione per ripristinare un pezzetto del nostro territorio?

 

Il Team di Life Redune ha invitato i suoi più attivi portatori di interesse presso l’oasi naturalistica di Vallevecchia, uno dei siti di intervento del progetto, per una giornata ricchissima di attività.

 

L’Università Ca’ Foscari, capofila del progetto Life Redune, ha accolto i convenuti presentando il progetto e il suo stato di avanzamento e mostrando dal vivo gli esempi di habitat delle dune.

 

Il partner di progetto SELC coop. ha dato una dimostrazione concreta delle opere di ingegneria ambientale “ricostruendo”, davanti agli occhi di tutti, un profilo dunale con l’utilizzo solo di sabbia dell’arenile antistante e materiale spiaggiato come rinforzo del piede della duna. Simultaneamente, veniva installata la cartellonistica informativa e dissuasiva lungo i sentieri attrezzati di Vallevecchia in preparazione alla prossima stagione turistico-balneare.

 

La Regione Veneto, partner di progetto, ha presentato ai rappresentanti dei Comuni partecipanti - Eraclea, San Michele al Tagliamento e Cavallino Treporti - le Misure di Conservazione delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) della Rete Natura 2000 affinché vengano integrati nelle attività di manutenzione delle spiagge.

 

EPC srl, partner di progetto, ha avuto modo di rinforzare la collaborazione con le Associazioni locali con le quali continuerà a svolgere le attività di educazione ambientale anche nel 2021: la Guardia Costiera Ausiliaria Delta Tagliamento, Legambiente Veneto Orientale Circolo “Gerutto Pascutto” e il Comitato Foce del Tagliamento, nonché con i Carabinieri Forestali di Portogruaro che assicurano il presidio nei siti di intervento del progetto.

 

Gli operatori turistici intervenuti - Bibione Mare e Mete Beach – hanno avuto modo, assieme ai Comuni di partecipare alle attività di monitoraggio dell’impatto socio-economico del progetto sul settore turistico e di organizzare le prossime uscite di educazione ambientale sulle dune.

 

La presenza del Dott. Lucio Panzarin di ISPRA ha dato l’opportunità di parlare di protezione dell’avifauna e in particolare di conservazione del Fratino (Charadrius alexandrinus) che è tornato a nidificare sulle coste venete dopo anni di assenza.

 

Il Centro di Biodiversità vegetale e fuori foresta di Veneto Agricoltura, partner di progetto, assieme al personale delle Sistemazioni Idraulico Forestali (SIF) ha pianificato la prossima campagna di piantumazione autunnale degli habitat dunali.

 

Infine, a coronamento dell’evento, tutti i partecipanti hanno potuto lasciare una video-testimonianza sulle motivazioni che li spingono a collaborare con Life Redune e il significato che il progetto ha per ciascuno.

 

 

 

 

 

 

 


Restocking Stipa veneta

Tra gli obiettivi di LIFE REDUNE c’è quello del rafforzamento (o restocking) delle popolazioni di Stipa veneta* Moraldo presenti nei siti interessati dal progetto. Lo scopo è quello di accrescere la densità delle popolazioni esistenti attraverso l’impianto di n. 1.000 individui conspecifici e aumentarne la diversità genetica al fine di aumentare la vitalità delle popolazioni stesse.

La pianificazione dell’azione è avvenuta sulla base di studi pregressi che hanno riguardato aspetti biologici ed ecologici della specie, cause e fattori di minaccia nonché caratteristiche fisiche dei siti oggetto dell’intervento e processi in atto.

Stipa veneta* detta anche “lino delle fate” è l'unica specie di Stipa che in Europa si è adattata a vivere in ambienti dunali marittimi. L’habitat primario della specie è rappresentato da praterie xerofile retrodunali (dune grigie) dell’habitat 2130*. E’ una specie rarissima e minacciata di estinzione, inserita come specie prioritaria di All. II (e IV) della Direttiva 92/43/CEE nonché nella Lista Rossa IUCN come Minacciata (EN). Il rischio di estinzione della specie è molto elevato.

Ai fattori di minaccia legati alla biologia della specie, si uniscono quelli legati all’habitat, sottoposto a numerose pressioni sia naturali (evoluzione della biocenosi) che antropiche (espansione agricoltura e insediamenti umani; infrastrutture turistiche; calpestio, ecc.). Lo stato di conservazione a livello nazionale (Regione Biogeografica Continentale) è definito cattivo (U2), e presenta trend negativo (ISPRA, 194/2014).

Il Progetto LIFE Redune prevede una serie di azioni coordinate ed interventi dedicati a Stipa veneta* quali:

  • “Produzione vivaistica delle piante” che consiste nella raccolta di semi presso le popolazioni selvatiche e nella produzione vivaistica delle piantine necessarie per l’attuazione dell’azione di rafforzamento delle popolazioni di Stipa veneta*;
  • “Rafforzamento delle popolazioni di Stipa veneta*” che prevede il trapianto di Stipa veneta* in aree in cui piccole popolazioni sono ad oggi naturalmente esistenti lungo la costa dell’alto Adriatico;
  • “Monitoraggio delle popolazioni e degli impianti di Stipa veneta*” che prevede il controllo continuo degli individui introdotti e delle popolazioni della specie in tutti i siti di progetto sia nella fase ex ante che nella fase ex post.

Per quanto riguarda, nello specifico le attività per il rafforzamento delle popolazioni di Stipa veneta*, in data 20 gennaio 2020 si è proceduto al primo impianto di n. 500 piante di Stipa veneta*all’interno del sito “Laguna del Mort e pinete di Eraclea”. Prima dell’impianto, l’area è stata sottoposta ad un intervento di diradamento all’interno del mosaico 2130* – 2250* e ad un intervento di ripulitura del materiale spiaggiato in seguito agli eventi dell’eccezionale mareggiata del 12 Novembre 2019.

Nel periodo autunnale ottobre-novembre 2020 l'avanzamento delle attività relative all'azione di rafforzamento della popolazione ha previsto la piantumazione di n. 42 piantine di Stipa veneta* nella area  della Laguna del Mort (Comune di Eraclea - VE ).

Le piantine sono state piantate a piccoli gruppi di 3-5 individui a distanza di circa 20/30 cm l'uno dall'altro. I singoli gruppi sono stati distanziati in punti diversi dell'habitat e resi riconoscibili mediante l'apposizione di una canna di bambù con un contrassegno.

 

Il rafforzamento delle popolazioni continuerà nel corso del 2021 con la piantumazione di ulteriori 500 individui.


Una rete di stakeholders a protezione della macchia mediterranea

Il "fare rete" tra i portatori di interesse del territorio consente di diffondere la conoscenza dell’ambiente locale, promuoverne il rispetto e, fine ultimo, proteggerlo. Ciò va a beneficio della biodiversità e della connettività ecologica, ma anche a vantaggio della trasmissione dei valori culturali e della promozione territoriale.

I portatori di interesse del territorio possono essere le amministrazioni pubbliche ma anche gli operatori turistici, aziende agricole, soggetti di promozione, associazioni locali e i privati cittadini.

 

Il progetto LIFE REDUNE da un lato sta portando avanti un’azione dedicata al coinvolgimento degli stakeholders locali e dall’altro sta tessendo una rete con altri progetti per esplorare nuove opportunità di coinvolgimento ed evitare le difficoltà più comuni, attraverso la condivisione di esperienze concrete in altri territori.

 

Un bell’esempio viene dalla Sicilia.

La Macchia Mediterranea costituisce uno degli ecosistemi più importanti del Pianeta perché, a fronte della modesta incidenza territoriale (2%) accoglie ben il 20% delle specie animali e vegetali. La comunità scientifica riconosce la Macchia mediterranea quale elemento fondamentale per il contrasto all'inquinamento ambientale da tutelare proprio per la sua esposizione a rischi significativi quali gli incendi e la progressiva desertificazione.

 

L’iniziativa della “Carta dei Comuni Custodi della Macchia Mediterranea” (www.cartamacchiamediterranea.it .) nasce dall’idea di  fare rete tra i comuni, che diventano “Custodi” della Macchia Mediterranea, impegnandosi ad elaborare, assieme a , parchi e associazioni, programmi di tutela del ricco patrimonio naturalistico presente, soprattutto, sul territorio siciliano.

 

La Carta dei Comuni Custodi della Macchia Mediterranea è quindi un “Patto d’Onore” affinché vengano valorizzate le specificità territoriali e paesaggistiche siciliane oltre che un invito all’Unione di intenti tra le diverse Amministrazioni Locali.

 

In occasione della Giornata Nazionale degli Alberi 2020 anche il Comune di Graniti, ultimo in oedine cronologico, ha aderito alla  Carta dei Comuni Custodi della Macchia Mediterranea. Infatti, la Giunta Municipale presieduta dal Sindaco on.le Carmelo Lo Monte,  con la delibera del 20 novembre 2020  ha dato un ulteriore segnale forte nella direzione della sostenibilità e valorizzazione di questo importante ecosistema.

 

Questa nuova adesione sarà un momento di inizio di attività con azioni di Educazione ambientale e alla sostenibilità sia nel territorio comunale, che in collaborazione con quella realtà Comunali vicine che hanno già aderito e dato sostegno alla Carta e con una delle Associazioni di supporto al progetto quale l'ASSOCEA Messina APS (www.ceamessina.it),  che possiede nella Valle dell'Alcantara una sezione e delle sedi territoriali (a Floresta, Castiglione di Sicilia e Giardini-Naxos).

 

Fonte: https://www.facebook.com/CartadeiComuniCustodidellaMacchiaMediterranea

 

 

 

 


La riduzione dell'impatto antropico sugli habitat delle dune

Con il progetto LIFE REDUNE si vuole garantire la funzionalità ecologica dell’intero mosaico dunale in quattro siti Natura 2000 attraverso un approccio ecosistemico che considera tutte le componenti coinvolte: attività umane, habitat, specie e processi fisici.

Le cinque aree di intervento del progetto si distribuiscono nel tratto di costa veneta compreso tra i comuni di Chioggia e di San Michele al Tagliamento: Bosco Nordio, Cavallino Treporti -Punta Sabbioni, Laguna del Mort e Pineta di Eraclea, Eraclea Mare, Vallevecchia, Punta Capalonga e Punta Tagliamento.

 

Gli interventi di LIFE REDUNE per la riduzione dell'impatto antropico sugli habitat mirano ad agevolare il recupero dell'integrità degli habitat e delle popolazioni di specie nelle aree di progetto attraverso la rimozione o la riduzione dell’impatto sia ecologico che paesaggistico generato dal transito e dalla frequentazione incontrollata del sistema dunale a fini turistici.

Come indicatore del disturbo antropico è stata scelta l’estensione della superficie di sentieri non autorizzati presenti nelle aree di progetto. Il risultato atteso dagli interventi di LIFE REDUNE era una diminuzione del fenomeno del sentieramento dovuto ad una migliore regolamentazione dei flussi di accesso al mare.

 

Dopo un monitoraggio iniziale eseguito per fornire dei dati oggettivi pre-interventi, a due anni di distanza l’attività di monitoraggio del 2020 ha permesso la caratterizzazione morfologica, ecologica e dinamica delle cinque aree di progetto a seguito della realizzazione degli interventi di riqualificazione. In particolare, è stato possibile verificare l’efficacia gli interventi per la riduzione dell'impatto antropico sugli habitat, attraverso la mappatura di dettaglio delle vie di accesso minori alla spiaggia (sentieri) e delle aree con il maggior carico di turisti.

Allo scopo di ottenere dati comparabili, la metodologia usata per il monitoraggio in itinere nel 2020 è stata uguale a quella impiegata nella fase ex ante nel 2018.

 

L’azione di monitoraggio è iniziata col rilievo fotogrammetrico aereo, svolto mediante un Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto, dotato di una macchina fotografica compatta che scatta le fotografie secondo una griglia precedentemente pianificata e dialoga con la stazione di terra attraverso un segnale radio. I voli sono stati svolti ad una quota di 145 metri dal suolo. Complessivamente sono stati sorvolati 316.6 ettari a scattate 3.631, con una precisione dell’ordine dei centimetri ed una risoluzione dei fotogrammi pari a 5 cm di pixel a terra.

 

Il rilievo GPS ha permesso di disporre di alcuni punti di controllo che sono serviti, in fase di elaborazione dati, a correggere la georeferenziazione del modello tridimensionale e dei fotopiani prodotti mediante fotogrammetria aerea. Per quanto riguarda la posizione assoluta di ogni singolo oggetto, lo scarto massimo può essere di 15 cm, mentre per le distanze reciproche si può salire di precisione fino ai 5 cm, limitata più che altro dalla risoluzione dell’immagine.

A parte casi particolari, come la presenza d’acqua, vegetazione fitta o alberi molto alti, il modello digitale mostra fedelmente la forma del terreno nudo, di edifici, chiome degli alberi e dei cespugli, arbusti, e specie erbacee molto fitte.

 

Dall’analisi dei dati, la delimitazione dei percorsi si conferma essere un’azione molto efficace di limitazione del disturbo antropico. Gli effetti più evidenti sono riscontrabili nel sito di Punta Capalonga, dove la superficie si è ridotta di circa il 65%. Si riducono a circa -9% nel sito Vallevecchia e si annullano completamente nel sito Laguna del Mort.

Pur non essendo evidente sulla base dei dati riportati, questo andamento decrescente di efficacia degli interventi è almeno in parte riconducibile al diverso regime di controllo e presidio delle tre aree che ha un andamento inverso. Il sito di Capalonga è un’area relativamente ristretta, prospiciente ad un campeggio, i cui gestori hanno prontamente aderito al progetto e collaborato attivamente al presidio dell’area e alle attività di educazione e comunicazione previste dal progetto. Negli altri due casi, si tratta di ampi tratti di spiaggia libera, parzialmente presidiata nel caso del sito di Vallevecchia, e scarsamente nel caso del sito di Laguna del Mort, dove si sono verificati anche numerosi atti di vandalismo ai pannelli informativi e alle passerelle e staccionate posizionate da LIFE REDUNE.


Riqualificazione e valorizzazione ambientale a Valle Vecchia

Valle Vecchia è l’unico tratto di costa nord-adriatica non urbanizzato. Valle Vecchia non è un Parco, ma qualcosa di più!

 

L'oasi lagunare di Valle Vecchia, tra i fiumi Tagliamento e Livenza, rappresenta una tipica situazione dell'ambiente costiero del Veneto. E' caratterizzata da oltre 4 kilometri di litorale sabbioso e da un entroterra agrario ottenuto mediante la bonifica delle preesistenti superfici lagunari salmastre. I suoli sono di tipo sabbioso e argilloso e presentano frequenti infiltrazioni di acqua salmastra.

 

A Valle Vecchia, ampie aree lagunari e specchi d’acqua conservano le caratteristiche dell’antico assetto del territorio come era prima delle bonifiche avvenute negli anni '60 del ’900. Proprio per le sue caratteristiche ambientali e grazie alla presenza di habitat come le dune sabbiose ed i boschi retrostanti, che ospitano in un’area ristretta una eccezionale biodiversità, Valle Vecchia è stata riconosciuta come Zona di Protezione Speciale e Zona Speciale di Conservazione nella Rete Natura 2000 della Comunità Europea.

 

Oggi, su un totale di oltre 800 ettari quasi la metà sono occupati da aree di grandissimo valore naturalistico: 63 ettari di pineta litoranea, 100 ettari di boschi planiziali litoranei, 68 ettari di zone umide e 24 km circa di siepi.

Tra l’arenile e la pineta, è presente uno dei maggiori sistemi dunali litoranei del Veneto, oggetto di riqualificazione nell’ambito del Progetto LIFE REDUNE.

 

Per le sue valenze ambientali, Valle Vecchia, già frequentata dal turismo balneare per il lungo litorale sabbioso libero da stabilimenti, è anche meta di turismo naturalistico, didattico e scientifico.

Numerosi sentieri attrezzati, percorribili a piedi, in bicicletta o a cavallo, consentono di apprezzare un’area ricca di habitat di pregio e scoprire come innovazione, ricerca e sperimentazione in agricoltura, ambiente e biodiversità convivano e si integrino a vicenda.

 

Valle Vecchia non è solo spiaggia e mare, infatti ospita una delle più importanti aziende agricole regionali gestita dall’Agenzia veneta per l’innovazione in agricoltura Veneto Agricoltura. Una azienda agricola destinata interamente alla sperimentazione e alla dimostrazione delle più avanzate tecniche agricole a basso impatto ambientale. A Valle Vecchia si pratica un’agricoltura capace di coniugare reddito, qualità e rispetto dell’ambiente.

L’agricoltura è una tessera importante del mosaico ambientale, dato che i campi e le aree coltivate circondate da boschetti e siepi costituiscono un luogo ideale di riposo, di pascolo e di vita per la fauna selvatica.

 

L’alternanza di ambienti coltivati, di boschi e di zone umide dolci e salate, che caratterizza il paesaggio di questa azienda, favorisce la biodiversità. Numerose sono le specie animali. In particolare, gli uccelli, per i quali nel corso dell’anno si contano oltre 250 specie, cioè quasi il 50% di quelle presenti in Italia. Tra i mammiferi, si possono osservare il tasso, la volpe, la faina, la donnola, il capriolo, il daino, lo scoiattolo e diverse specie di chirotteri. Moltissimi sono gli insetti ed in particolare i lepidotteri, presenti con alcune specie rarissime ed endemiche.

 

In quest’area di proprietà regionale, in circa vent’anni, sono stati attuati numerosi progetti europei di ricerca agraria, forestale e ambientale che hanno consentito la realizzazione di uno dei più importanti esempi italiani di riqualificazione e valorizzazione ambientale.

 

 

Fonti:

http://www.caorle.com/it/caorle/brussa-vallevecchia.html

Mappa equestre di Vallevecchia - Veneto Agricoltura

Ringraziamenti: per il testo Dott.ssa Giovanna Bullo - Veneto Agricoltura

per la foto: Dott. Sandrino Colavitti - Veneto Agricoltura


Biodiversità vegetale e adattamento all’ambiente sulle dune litoranee

Le spiagge e le dune sabbiose impongono alle piante condizioni estreme, al limite della sopravvivenza: il vento costante trasporta goccioline di salsedine, che le incrostano, e sabbia che le smeriglia e le sommerge continuamente, il substrato non trattiene l’umidità e può raggiungere temperature di 60 °C.

Solo le psammofite, o piante delle sabbie, possono sopravvivere in queste condizioni, grazie a particolari adattamenti.

Per proteggersi dal vento, molte specie hanno piccole dimensioni o crescono adagiate al suolo come la fumana (Fumana procumbens). Per trovare ed immagazzinare la poca acqua disponibile, il vilucchio marittimo (Convolvulus soldanella) e il ravastrello (Cakile maritima) hanno radici profonde e foglie carnose dove conservano l’acqua, come i cactus del deserto. Per ripararsi dalle alte temperature, l’erba medica marina (Medicago marina) si ricopre con un feltro di peli. Specie come la calcatreppola marina (Eryngium maritimum), il ginepro (Juniperus communis) e il leccio (Quercus ilex) hanno foglie rigide e coriacee, ricoperte da cere per limitare la perdita di acqua.

Altre piante si sono adattate ad essere sommerse dalla sabbia: lo sparto pungente (Ammophila arenaria) sviluppa fusti sotterranei (rizomi) la cui crescita è stimolata proprio dalla sommersione. Grazie ai rizomi, questa specie intrappola i granelli di sabbia e consente la formazione delle dune: è il vero e proprio “ingegnere delle dune”.

 

Spiagge e dune si generano ed evolvono grazie all’equilibrio che si instaura tra le correnti marine, che depositano la sabbia sulla spiaggia, il sole che asciuga la sabbia, il vento che la trasporta verso l’interno e le piante che la intrappolano.

Le piante che crescono sulla duna, oltre a contribuire attivamente alla sua edificazione, man mano che la duna si accresce, formano diverse comunità disposte in fasce (zone) parallele alla linea di costa, lungo i forti gradienti ambientali, a formare la cosiddetta zonazione costiera.

La comunità più vicina al mare è detta Cakileto, dal nome della specie guida Cakile maritima. Seppur piccole, le piante del Cakileto smorzano l’azione del vento e consentono la formazione dei primi accumuli di sabbia, le “dune embrionali”. Qui crescono le prime piante perenni, come Elymus farctus, che innescano il processo di formazione delle dune. Alle spalle dell’Elymeto, si sviluppano le “dune mobili”, colonizzate da Ammophila arenaria, una specie molto resistente al vento e all’insabbiamento, i cui cespi favoriscono l’accumulo di sabbia e reagiscono all’insabbiamento crescendo in altezza, permettendo così la crescita della duna. Dietro all’Ammofileto si crea una zona protetta, le “dune grigie”.

La protezione dal vento e dalla salsedine consente la presenza di un maggior numero di specie e la formazione di una prateria con specie a fiore, muschi e licheni, il Tortulo-Scabioseto.

La vegetazione dei litorali sabbiosi raggiunge la sua forma più complessa nelle “dune fisse”. Le condizioni più riparate consentono lo sviluppo di comunità arbustive, spesso dominate dal ginepro comune (Juniperus communis). Il Ginepreto consolida la duna e crea le condizioni per lo sviluppo del bosco litoraneo, la Lecceta, dominata da Quercus ilex. Il bosco litoraneo è divenuto raro ed è stato spesso sostituito da rimboschimenti a pini mediterranei (Pinus pinea, P. pinaster).

 

 


L’efficacia degli interventi di ripristino delle dune mobili nel sito di Vallevecchia

Gli ecosistemi dunali sono minacciati con crescente frequenza da fenomeni di disturbo e pressione antropica. Questo provoca un’alterazione delle comunità vegetali e degli equilibri che regolano la formazione delle dune costiere.

La componente vegetale degli ecosistemi costieri garantisce la crescita e il continuo sviluppo della duna; tuttavia è la componente degli ecosistemi dunali che risente maggiormente dal disturbo antropico. La mancanza di vegetazione causata da fenomeni di disturbo innesca processi di erosione che impoveriscono la struttura e le funzionalità dell’intero ecosistema.

 

Vista la crescente perdita di superficie e il degrado delle aree rimaste, interventi di ripristino ecologico rappresentano una soluzione ideale per la salvaguardia della biodiversità degli ecosistemi costieri. Le azioni di ripristino si concentrano, generalmente, laddove la pressione antropica è stata eccessiva e lo stato di conservazione dell’ecosistema è compromesso.

 

Il lavoro di ricerca sfociato nella tesi dal titolo “Ripristino degli ecosistemi dunali con tecniche di ingegneria naturalistica – il caso di Vallevecchia” ha consentito di valutare l’efficacia degli interventi di ripristino effettuati dal progetto LIFE REDUNE presso il sito di Vallevecchia (Caorle).

 

In particolare, il ripristino delle dune mobili, quale componente essenziale degli ecosistemi costieri, è stato svolto in 5 fasi: ricostruzione fisica del profilo dunale, stabilizzazione, impianto di nuclei di vegetazione propria dell’habitat, creazione di nuovi accessi alla spiaggia con limitazioni e cartellonistica, monitoraggio.

Il trapianto è avvenuto a novembre 2018; in seguito gli impianti sono stati monitorati mediante la tecnica dei plot permanenti. Quadrati di vegetazione di 1m per 1m vengono monitorati periodicamente per valutare la sopravvivenza delle specie trapiantate e l’evoluzione dell’habitat.

Le prime analisi hanno permesso di individuare due distinti gruppi di plot: plot posizionati in corrispondenza di neo-dune non disturbate e plot posizionati in corrispondenza di neo-dune disturbate (nonostante le misure cautelative adottate all’inizio del progetto). Il disturbo, dovuto alla grande affluenza di turisti in questo sito e al mancato rispetto delle regole, ha causato il mancato attecchimento delle piante in alcune aree del ripristino, con la conseguente perdita di biodiversità. Al contrario, nelle aree non disturbate la maggior parte delle le specie trapiantate ha attecchito, dimostrando forte vitalità, data da una notevole crescita degli individui in termini di altezza, nuovi getti o foglie e copertura.

Inoltre, a seguito degli interventi di ripristino, e in assenza di disturbo, è stato possibile osservare la comparsa di altre specie che a loro volta si sono sviluppate notevolmente. All’inizio del progetto erano state censite solo 4 specie mentre alla fine sono state monitorate ben 12 specie. Questo a dimostrazione dell’efficacia dell’intervento di ripristino. Tuttavia, è molto importante che il lavoro non sia influenzato da eventi di disturbo, i quali vanificano l’intera bontà del progetto e la sopravvivenza dell’ecosistema.

 

Gli ecosistemi dunali sono, a livello mondiale, tra i più rilevanti dal punto di vista ecologico e paesaggistico, necessitano quindi di essere salvaguardati.

 

Riferimenti:

“Ripristino degli ecosistemi dunali con tecniche di ingegneria naturalistica - il caso di Vallevecchia” Enrico De Pellegrini, Tesi di laurea magistrale in Scienze Ambientali, Università Cà Foscari Venezia

 

 


Ricostruzione delle dune olandesi con il bisonte europeo

Il Parco Nazionale Zuid-Kennemerland è oggi l'area delle dune costiere che ospita il bisonte nel nord dei Paesi Bassi.

Fino a pochi anni fa, il Parco Nazionale Zuid-Kennemerland era in gran parte aperto al pubblico, ad eccezione di un'area a sud che era tenuta chiusa. L'area chiusa era un sistema dinamico di dune, ma in assenza di grandi erbivori e persone, le dune stavano diventando sempre più vegetate. La vegetazione ha impedito alla sabbia di muoversi e le dune dinamiche sono state rese sedentarie. Ciò ha innescato l'idea di portare grandi erbivori per rimuovere la vegetazione e consentire alle dune di muoversi di nuovo liberamente.
Il progetto Il bisonte europeo in un di sistema di dune olandesi (https://rewildingeurope.com/rew-project/european-bison-in-a-dutch-dune-system/) è iniziato nel 2007 nell'ambito dei progetti di Rewilding Europe (https: // rewildingeurope.com), un'iniziativa paneuropea che opera in prima linea nel ricreare habitat naturali su scala europea.

Il progetto pilota consisteva nel riportare il bisonte europeo in un'area dell'Europa occidentale dove poteva vivere in modo naturale (ad es. senza fornitura di cibo aggiuntivo), insieme a cavalli Konik, bovini delle Highland, daini, caprioli e conigli, che erano già specie animali utilizzato in tutta l'Olanda per il pascolo naturale.
Il progetto è stato realizzato in una zona di dune costiere in cui le zone forestali si intrecciano con praterie e arbusti aperti, in particolare i tipi di habitat sono semi- prati aperti, arbusti, latifoglie e foreste di conifere.

 

Ma perché il bisonte?
L'iniziativa di rewilding mira alla riabilitazione della natura: il ripristino degli ecosistemi e delle loro catene alimentari. I bisonti europei sono noti come specie "chiave di volta" degli habitat che ingegnerizzano una grande biodiversità.

Notando l'invasione della vegetazione non autoctona, la colpa è stata attribuita al declino di una comune fonte di cibo: insetti specializzati che hanno bisogno di macchie di sabbia aperta per sopravvivere. I bisonti puliscono l'area, strofinandosi sul suolo, e con questo comportamento, durante tutto l'anno, creano diverse macchie locali di sabbia dove la vegetazione pioniera autoctona e gli insetti hanno di nuovo una possibilità di proliferare. Gli uccelli delle dune come il gufo comune, l'oriola d'oro e l’averla dal dorso rosso che andavano verso l'estinzione locale sono ora tornati.
Dal momento che scortecciano anche arbusti e alberi e incoraggiano la dispersione delle erbe autoctone attraverso il loro letame, i bisonti stanno essenzialmente riportando la biodiversità originale.

 

L'area del Parco Nazionale Zuid-Kennemerland dove ora vive il bisonte è l'area di 330 ettari che era chiusa al pubblico in passato. Ora, l'area è aperta al pubblico, con un sentiero che attraversa il recinto dei bisonti ed è aperto nei mesi invernali, quindi i turisti possono camminare e sperare di intravedere queste maestose creature tra gli avallamenti e le colline delle dune.

 

Il bisonte europeo è una delle due specie viventi di bisonte, l'altro è il bisonte del Nord America. Estinto in natura negli anni Venti, il bisonte europeo è tornato grazie a programmi di conservazione in tutto il continente, da un branco di 12 animali tenuti in cattività.

 

Il progetto Il bisonte europeo in un di sistema di dune olandesi, conclusosi ufficialmente nel 2012, ha permesso di acquisire preziose conoscenze pratiche e scientifiche sugli aspetti ecologici dei bisonti come la composizione della dieta e l'utilizzo dell'habitat, anche rispetto a bovini e cavalli. Ha inoltre suscitato l'attenzione della stampa che a sua volta ha informato il pubblico sulle specie e ha promosso il Parco nazionale Zuid-Kennemerland come attrazione turistica per turisti-naturalisti.

 

Particolarmente importante per i programmi di conservazione europei dei bisonti è l'ampliamento dell'area dei bisonti e la crescita naturale della mandria.
Una serie di articoli di ricerca tratti dallo studio olandese di un branco di 22 bisonti che vivono a Kraansvlak, nei 330 ettari di dune e stagni naturali che fanno parte del parco nazionale Zuid-Kennemerland, mette ulteriormente in dubbio la convinzione che i bisonti europei siano creature che vivono nelle foreste, ora offrendo una valutazione più ottimistica delle possibilità di sopravvivenza del bisonte in nuovi ambienti europei.
Nel 2016, altri due siti olandesi di introduzione dei bisonti sono seguiti al progetto, dopo aver acquisito esperienza a Kraansvlak.
Le organizzazioni naturalistiche in Svezia, Svizzera e Regno Unito guardano con interesse e la conoscenza acquisita viene condivisa con progetti consolidati in Spagna, Francia e Germania.

E se il prossimo passo per la riqualificazione auto-sostenibile dei siti dunali di LIFE REDUNE contemplasse anche la creazione di parchi naturali popolati dai bisonti Europei?

 

References:

PROJECT European bison in a Dutch dune system: https://rewildingeurope.com/rew-project/european-bison-in-a-dutch-dune-system/

https://forpeoplefornature.com/2015/08/07/introducing-bison-in-the-dutch-dunes/

https://www.theguardian.com/environment/2018/may/28/return-of-the-bison-herd-makes-surprising-comeback-on-dutch-coast

https://www.dutchnews.nl/features/2018/02/the-bison-are-back-rewilding-the-dutch-dunes-brings-back-a-mega-beast/